Marche Events

BEAUTY IS IN YOUR MIND: personale di RUDDT WACKERS all’Officina delle Arti di Corridonia – di Loredana Finicelli

Se c’è una scuola che più delle altre ha mantenuto un rapporto diretto, e ininterrotto, con la tradizione figurativa, sia di marca postimpressionista sia espressionista, questa è quella nordica, di area anglo-tedesca e olandese.  Anche le esperienze artistiche successive alla seconda guerra mondiale che tra America ed Europa affrontavano con solerzia e convinzione le soluzioni offerte dall’Informale, in quelle aree, acquisivano caratteri specifici e si indirizzavano secondo una ricerca che non ripudiava il rapporto con il reale ma ne dava una interpretazione assolutamente originale. Se in area olandese, l’Informale si connotava per la relazione con un mondo umano che, benché distorto e dissonante, costituiva comunque un imprescindibile riferimento della creazione artistica in Inghilterra, una figura monumentale come quella di 

Francis Bacon – irlandese di nascita e inglese di adozione, con tutto il retroterra che questo comporta – ribadiva la centralità dell’umano, in una versione però incommensurabilmente tragica e in progressivo disfacimento etico prima che fisico. Una cultura, quindi, dove l’eco di fondo è sempre il reale e il centro della riflessione, pur con tutte le interferenze del caso, è l’uomo.

RUUDT WACKERS, artista olandese, recentemente approdato nelle sue peregrinazioni tra le colline marchigiane, è l’erede di una tradizione drammatica e allo stesso tempo gagliardamente solenne per quel continuo rammentarci l’immanenza dell’uomo e delle sue tragedie in un tempo in cui tutto sembra concorrere all’espulsione dell’umano e delle sue attitudini naturali dai sofisticatissimi giochi della politica e del potere.

Formatosi negli anni del grande ritorno del figurativo sul finire del secolo scorso, WACKERS, artista e docente, fondatore in Olanda di un’Accademia d’arte, si pone come l’epigono di un linguaggio neoespressionista capace di coniugare simbolismo lirico e forza espressiva maturata a contatto con gli esiti dell’informale. Quella WACKERS è una pittura che rilegge il Novecento intero e come ogni postmoderno mantiene un eclettismo di fondo a cui unisce sagacia pittorica, possesso dei fondamenti irrinunciabili dell’Accademia e credo quasi fideistico nel mestiere. E scorrendo lo sguardo sulla sua opera si rivelano le eredità fauves e postimpressioniste, le interferenze simboliste echeggianti il primo Mondriaan; le sollecitazioni radicali e drammatiche provenienti da una figurazione alla Bacon, influenze solo apparentemente distanti ma incontrovertibili si rivelano gli eccessi formali dei Co.Br.A.

Questo retroterra ricco, in cui una tradizione pittorica nobile viene irrorata dalla contaminazione con linguaggi più audaci – postimpressionisti, espressionisti, astratti e informali- si osserva in ogni passaggio della sua opera, nei tratti abilissimi del suo pennello, nella trama ardita dei suoi elaborati. Sono lavori che recuperano atmosfere dense d’incanto settentrionale, corroborate da effetti di cromatismo luminescenti e che insieme si uniscono per generare una figurazione dai tratti marcatamente alterati, spinta alle soglie di un disfacimento onirico. Lavori nei quali il connubio luce/colore amplifica l’inquietudine di fondo che permea ogni singolo quadro dove domina sempre e comunque l’uomo con le sue debolezze e le sue distorsioni, i desideri – spesso traditi- le aspirazioni –negate – il vuoto di esistenze spinte al limite quando non ai margini. Su ogni tela, ognuna di dimensioni significative, trasuda una inquietudine spessa, incombente, che pare rapprendersi tra le pieghe di una superficie volutamente – e voracemente – materica, pastosa e bruta, lavorata d fino ma magmatica nel suo spessore e nei suoi esisti pittorici. Un lavoro dove il figurativo e l’astratto si incrociano in una unione feconda, capace di originare immagini dal grande impatto visivo e dalla carica espressiva prorompente.  In questo artista che si muove disinvolto tra i mezzi tradizionali della pittura, luce e colore vibrano in simultanea fino a corrodere i valori visivi per originare immagini deteriorate, deformate da una visione inconscia che prende il sopravvento sul reale arrivando a disegnare turbamenti collettivi ed angosce esistenziali e pubbliche.

Una proposta straordinaria che ricalcola la categoria del bello – BEAUTY IS IN YOUR MIND – la espande e la riformula rinnovata e ampliata: un bello che si annida nei recessi della visione, nelle pieghe del reale e che ne esce rinforzato e ravvivato pronto ad assumere nuovi e inediti stati.  Fino al 30 dicembre l’opera di RUUDT WACKERS è visibile presso l’Officina delle Arti di Leonardo Serafini a Corridonia: un’occasione per osservare dal vivo un artista di grande qualità e dalla caratura internazionale; una presenza di spessore non solo per la città di Corridonia, che la propone nell’ambito delle iniziative culturali preparate per le festività natalizie, ma per l’intero panorama artistico maceratese e marchigiano.

Officina delle Arti – Corridonia, Via Piave 15 – Aperta venerdì, sabato e domenica 18-20

“Autoritratto”

“Nudo” 100×130

“Nudo in blu” 100×60

“Autoritratto in gabbia o Stazione Terminus” 200×140


LE MARCHE COME RISCOPERTA DI UN “MEDIOEVO A COLORI”: presente e passato di un’identità collettiva – di Marianna Neri

Entrare in contatto con quel luogo abbracciato dalla storia che è il territorio marchigiano, significa ripercorrere le tracce di una cultura medievale la cui persistenza nel tempo ha lasciato segni riconoscibili, non solo nella solida tradizione rurale e nei valori della terra, ma anche e soprattutto nella concretezza delle sue diverse espressioni culturali, le cui vivide testimonianze si riscontrano nella secolare bellezza delle sue architetture e dei suoi paesaggi sempre toccati da quell’aura di  nobile passato di feudi e di signorie. Atmosfere che riprendono vita anche nei raffinati scenari dipinti ad opera dei grandi maestri del tardo-Medioevo, che fecero della Marca il luogo eletto nel quale dare voce e colore al proprio genio creativo. Parlare delle Marche significa, quindi, compiere un viaggio a ritroso in quella manciata di secoli i cui margini temporali coincidono con la premessa dell’Alto – Medioevo, che vide il crollo dell’Impero romano e l’innesto delle culture germaniche, arabe e normanne nella civiltà del Mediterraneo con il conseguente sviluppo di quell’epoca successiva di grandi rivolgimenti sociali e di riforme spirituali radicali, che fu il Basso-Medioevo. Un’epoca stratificata, ricca di energie e attività in espansione e nella quale si gettarono le basi per la nascita e lo sviluppo di quella successiva fioritura dello spirito umano che fu il Rinascimento. Un ampio arco temporale, dunque, che, alla luce delle nuove ricerche, si delinea come stagione preparatoria di eventi straordinari, un tempo in cui si andarono consolidando gli aspetti fondativi della nostra identità, concretizzatesi nel nostro presente e nella bellezza ancora intatta delle tante testimonianze artistiche che ci circondano.

Corridonia

Proprio sulla scia di questa rinnovata volontà di cogliere e di valorizzare ciò che di produttivo e culturalmente edificante il Medioevo ha tramandato alla nostra contemporaneità, che si inseriscono tante manifestazioni a carattere rievocativo che si susseguono nelle Marche (e non solo), una su tutte la Contesa della Margutta di Corridonia (MC), promossa dall’Associazione culturale “La Margutta ets-asp” che, dal 1996, si fa promotrice di tramandare eventi che uniscono ai momenti di festa collettiva, nel più alto spirito civile e identitario del luogo,  valide  proposte culturali. Lo scopo è di condividere con il grande pubblico momenti di riflessione su attività, contesti e riti tardo medievali a cui tutta la manifestazione fa riferimento e con essi, promuovere una riflessione sulla natura e sulla attualità delle proprie radici, del proprio background storico e sociale, del profilo culturale di provenienza tracciato dalla lingua, dalla religione, dalla politica, dall’arte.

Conferenza stampa

Quest’anno, in occasione della sua ventiduesima edizione, grazie alla felice collaborazione tra la Presidente dell’Associazione Serenella Ruggeri, il tesoriere Francesca Paccapelo e la Storica dell’arte e curatrice Professoressa Loredana Finicelli, la manifestazione arricchirà la sua proposta culturale con l’Esposizione d’Arte contemporanea “Medioevo a colori”. L’obiettivo comune è di realizzare una operazione culturale, un intervento sui contenuti che aggiorni tutte quelle false credenze che ognuno di noi, negli anni, ha acquisito su quell’epoca ritenuta dall’immaginario collettivo, prevalentemente lontana e buia, oscura e violenta. Un’esposizione, quindi, che vuole raccontare ai visitatori di un altro Medioevo, quello più vero e autentico che la storiografi ha oramai svelato con i suoi studi e le sue ricerche, e ben lontano dal sentire comune. Un Medioevo ricchissimo e colorato, dove amor cortese, religiosità generosa e solidale, ma anche immagini fantastiche, moti mistici e spirituali, viaggi leggendari e suggestioni letterarie si sintetizzano in una visione d’insieme, variegata e affascinante, tutta da scoprire. Un Medioevo che è anteprima e prologo, alba di un Rinascimento già ampiamente annunciato.

Un corollario di atmosfere e suggestioni che sarà affidato alle interpretazioni di oltre 30 artisti selezionati, provenienti da tutta Italia che proporranno la loro visione creativa e originale di un Medioevo alternativo – ma veritiero – diverso e molto più variegato rispetto alla narrazione corrente, un Medioevo soggettivo, creativo e sperimentale, germinato dalla fantasia degli artisti di oggi.

La mostra si terrà a Corridonia, presso l’Officina delle Arti, cortesemente messa a disposizione dall’artista

Mostra di arte contemporanea

Leonardo Serafini, dal 25 agosto al 9 settembre 2018, e sarà visitabile ogni pomeriggio dalle 17.30 alle 20.30: personale addetto accompagnerà i visitatori alla scoperta della mostra e li introdurrà ai contenuti artistici dei lavori. L’esposizione si avvale di un comitato scientifico e sarà documentata da un catalogo della Lithos Edizioni, storica casa editrice di Roma: vi troveranno spazio oltre agli interventi istituzionali e a quello della curatrice, i lavori critici della dottoressa Marianna Neri, della professoressa Chiara Guerzi, del dottor Lorenzo Fattori e una nota storica del dottor Marco Corrias. Gli apparati grafici sono tutti a cura della signora Emanuela Pisicchio mentre l’Ufficio stampa farà capo al dottor Emanuele Pecoraro. Una mostra che nasce da una collaborazione attiva di tutti gli studiosi in sinergia con gli artisti e gli organizzatori: una manifestazione che nasce da un lavoro e da un confronto costante tra tutti i protagonisti e il frutto delle differenti abilità espresse in modalità sincrona e tenute insieme dall’obiettivo comune del fare cultura, buona cultura.

Durante la mostra si terranno diversi eventi, tra conferenze e performance, di cui sarà data solerte comunicazione.


LA GIOIA SINERGICA DELLA POESIA NELLA PERFORMANCE DI ROBERTA FONSATO “Hotel Buenos Aires stanza 202” – di Emanuela Pisicchio

Nulla o tutto accade per caso…(?)

Possiamo scomodare Carl G. Jung, che per primo, nel 1952, pubblicò un’opera in cui definì la teoria della sincronicità. Che è poi quel concetto che sostiene che, la maggior parte degli eventi, nella nostra vita, hanno un preciso significato e accadono per un’altra altrettanto, precisa, ragione. A parte la difficoltà, spesso, di stanarla. Possiamo anche scomodare “I Ching” o “Libro dei Mutamenti”, la cui prima edizione, in qualità di libro divinatorio, risale al X sec. A.C. tanto caro a Confucio, ove il lancio delle tre monetine, per poi ottenere e decodificare il responso – svelato fra i ben 64 esagrammi del Libro – si basa sul principio della non causalità. Non andiamo troppo lontano, direi. Perché possiamo udire la voce microfonata dell’attrice-regista-performer Roberta Fonsato, che si spande con tale, mistica, dolcezza nel meraviglioso giardino della Fondazione “diverso-inverso”, voce che sembra aereo-dinamicamente condotta dalla seggiovia che le fronde compongono e si rivela, subito, carezzevole, coinvolgente.

Monterubbiano

Siamo a Monterubbiano, Marche, provincia di Fermo. Per una performance “poetica” itinerante dal titolo “Hotel Buenos Aires – stanza 202”, inconsapevolmente ospiti dell’Hotel in cui ognuno di noi ha riservata, esclusivamente, una stanza. Scegliamo il nostro passpartòut con azione diretta, selezionando da un carnet…a caso (?) il numero di stanza che ci riserverà una dedica poetica personalizzata. Strabiliante.  La voce di Roberta attraversa le nostre trombe d’Eustachio e decanta, con sublime, inviolata interpretazione, lì, nella nostra anima la poesia che ci spetta. Proprio quella corrispondente: ascoltarla è come un canto. Un incontro visivo, umano, poetico. Una lirica densa che riempie d’interazione l’erba stessa, è suggestiva emozione, parole che s’allineano e definiscono, a volte ci possono svelare, a volte stupire o annodare, ma sempre dicono, raccontano, coinvolgono, stipulano, creano suspance e, in fin dei conti, una certa, affascinante intimità condivisa.  Dinamica e forte. Viscerale. Coinvolgente. Così come la natura stessa della poesia è. Dal greco “poiesis” = creazione. Sì, una creazione ispirata. Dalla potenza evocativa, che riesce a trasmettere concetti, riflessioni, stati d’animo, pensieri, domande e, in questo caso, è anche sibilla, rivelatrice essenziale che concentra un messaggio, non ha importanza se breve o meno, trasmigra un cuore fecondo che va contro il muro dei silenzi e della omissione di trasmissioni umane. E’ quella essenzialità ad essere intensa. E’ un vettore, una freccia dritta al circuito emotivo che somma al suo, proprio corpo quasi siderale, una potenza aggiunta di quando è ascoltata e dunque “recitata”, interpretata, e restituita dalla performer. Sembra che ci sfiorino ali invisibili, che si fermano poi, all’unisono, fra le mani giunte di Roberta, la quale sorride; poi l’ospite rientra nella sua soggettività, direi arricchita. “Solo la poesia ispira poesia”, ha detto Ralph Emerson. E così la catena della sincronicità continua il suo tragitto, persona dopo persona, poesia dopo poesia, sorpresa dopo sorpresa. Perché, come predetto dall’attrice, la “libromanzia” esiste, accade… cerchiamo qualcosa, una risposta, un suggerimento, apriamo proprio quel libro, a quell’ora, a quella pagina e lì, in quel rigo la troveremo.  Libromanzia. Non casualità. Sincronia. Et voilà. Naturalmente, la selezione dei componimenti, ad opera della Fonsato, è di cruciale bellezza. Abbiamo ascoltato Anais Nin, con la sua arte di scrivere e aprire la luce nelle tenebre della vita; l’intensa, viscerale, sfrecciante e indiscutibilmente profonda magia narrativa di Alda Merini; il jazz poetico e acuto di Giorgio Gaber;  il roboante spessore, connotato da traccianti ironici e intelligenti del premio nobel alla letteratura 1996, ossia Wislawa Szymborska; per non parlare dell’amore buono e di quello stile morbido, non di meno tagliente, che risponde al nome di Viviane Lamarque, una delle maggiori poetesse italiane. Siamo fortunati. Perché abbiamo scoperto – grazie a Roberta – anche nomi prima sconosciuti che, con ottime probabilità, ci ricorderemo. La poesia dà indipendenza, dice la Fonsato, in una giusta premessa: “non vi chiederò di più, se non ascoltare un brano di poesia, solo questo.” La poesia può dare amore, spunti, scosse sismiche e unione mentre tutti ascoltiamo lo svelarsi delle sue diverse sfumature, pennellate una ad una, proprio per noi, non, senza poi, sorridere. Ecco. La poesia dà sorriso.

R. Fonsato

Qualche timido ospite dell’Hotel si attarda, si nasconde, forse timidamente evita di palesarsi, ma alla fine, la poesia è in ognuno e per ognuno, tutti, proprio tutti gli ospiti porteranno con sé gli echi vibranti e rivelatori di un verso; il significato ironico delle parole udite, la sacralità di un momento così profondamente aggregante. Cosa è poetico veramente? Il tutto. Che Roberta Fonsato, alla fine, ringrazi con un’elevazione spirituale degna di nota, ringrazia il luogo che ci ha ospitati, proprio qui, in questo contesto, nella sincronia che qui alberga, con un’ultima, toccante poesia. Beh. La cena ha riempito il nostro stomaco e Roberta il nostro animo. Ma non si può entrare nella stanza 202…. Andate a scoprire perché.

La Fondazione “diverso-inverso” – L.go Cesare Battisti, 13 – Monterubbiano – www.diversoinverso.it – propone settimanalmente degli incontri/eventi culturalmente stimolanti, (musica, spettacoli comici, percorsi poetici ecc.) a cui consiglio di partecipare, tutti affidati a bravi autori che possono esprimersi in una location, a dir poco, incantata. Why not? Roberta Fonsato è attrice, regista, formatrice teatrale e coach drama. Conduce progetti in ambito di teatro e psichiatria. E’ autrice di vari format-performance come: “poesia riflessa” – “Domus aurea” – “La poesia a domicilio” – “Io tango da sola”.

 

 

 

 

 

 


MAYDAY – di Loredana Finicelli

Lo stupore del mare e la sorprendente vitalità culturale delle province marchigiane

C’è qualcosa di stupefacente nella ricchezza di iniziative e di attività a fine o a sfondo culturale che si succedono nelle Marche da qualche anno; ancor di più stupisce il desiderio, da parte di alcune persone, siano esse addette ai lavori o semplici appassionati, di dedicarsi a progetti con scopi culturali, destinati a promuovere l’arte, la musica, la poesia, il teatro, tutte proposte ad alta artisticità. È vero, le Marche hanno la cultura integrata al loro DNA, e, di fatto, la loro storia artistica motiva e giustifica la nascita di un blog come questo, dedicato appunto alla scoperta e alla promozione del patrimonio regionale, dove il termine patrimonio va inteso nella accezione corretta di insieme sistemico, unione di testimonianze e di attività, ma anche di attitudini e di talenti di cui questa regione abbonda. Dicevamo dello stupore, parola che ritengo adeguata per descrivere l’entusiasmo con cui ci avventura nel terreno dell’arte, con una fioritura costante di mostre, festival, manifestazioni che, via via coinvolgono sempre più persone, si allargano per accogliere energie inedite e talvolta un pubblico insperate.

Questa energia è quella che alimenta una nuova realtà culturale, un centro espositivo chiamato significativamente MayDay che è diretta emanazione dell’Associazione “Centro Culturale” già organizzatore del “Festival Mugellini”, appuntamento già molto atteso dell’autunno marchigiano. Ancora una volta, il centro propulsore dell’iniziativa è Potenza Picena, l’antica Monte Santo, strada di mezzo tra Macerata e Loreto, splendido borgo tra le colline del maceratese, che, evidentemente, mantiene una spiccata vocazione per la produzione dell’arte e l’esercizio della cultura. MayDay, invocazione di aiuto che tutti conosciamo grazie ai film o alla narrativa, non è solamente la richiesta di un soccorso che nasce dalla contrazione di un’espressione di origine francese (venez m’aider), traducibile come “venite ad aiutarmi”, in quanto nella trasposizione letterale suona, precisamente, come giorno di maggio: ma giorno di maggio, nella memoria antica, per tanti luoghi della nostra penisola vuol dire calendimaggio, una festività laica e popolare che riecheggia gli antichi riti propiziatori che salutano l’avvento della primavera e la bellezza ariosa della nuova stagione. MayDay, diventa, allora, un segnale beneaugurante, il saluto alla bella stagione, non solo in termini climatici, ma culturali, il fiorire di un paesaggio destinato a lasciare frutti eterni e inossidabili quali sono quelli della cultura. E, coerentemente con il territorio su cui sorge e in linea con le peculiarità geografiche del luogo che lo ospita, MayDay inaugura la sua attività con una mostra dedicata al tema del mare e dal titolo suggestivo Lo stupore del mare: un titolo volto a richiamare questa emozione così basilare nell’economia dei sentimenti umani ovvero lo stupore e quella capacità di farsi sorprendere dalla bellezza grandiosa della natura, ma anche dalla profondità riflessiva dell’arte fatta e fruita. Il progetto ha un animatore di eccezione nella persona di Mauro Mazziero, artista e promotore culturale di Potenza Picena, ma nasce dal gruppo di lavoro che alimenta e realizza il Festival Mugellini.

In mostra, vi sono opere di grandi maestri come Monachesi, Trubbiani, Biggi, Sughi, De Pisis, Annigoni, Bartolini e tanti altri. Il manifesto della mostra è dedicato all’opera del maestro milanese Paolo Collini mentre per l’inaugurazione sarà presente, per gentile concessione dei proprietari, un capolavoro del XVIII secolo, con una veduta dell’antica Potenza Picena, Veduta della Fortezza del Porto di MonteSantoLa mostra è a cura di Mauro Mazziero direttore artistico di MayDay.

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MUSICULTURA – di Agnese Paolucci

La grande tradizione musicale delle Marche si riverbera oggi attraverso le tante manifestazioni che ogni anno sono organizzate sul territorio. Tra queste, Musicultura, il festival dedicato ai nuovi autori e interpreti della musica contemporanea, è certamente una boccata di aria fresca e giovane per l’intero panorama della musica italiana.

Musicultura è un festival che nasce nel 1990 come Premio Città di Recanati per promuovere e valorizzare la musica popolare italiana, dando la possibilità a tanti artisti emergenti di esibirsi dal vivo. Dal 2005, a testimonianza di un successo incrementatosi nel tempo, la manifestazione viene trasferita a Macerata, nel prestigioso palco dello Sferisterio e il suo nome, da Premio Città di Recanati, cambia in Musicultura, in omaggio all’innegabile valore culturale che la musica rappresenta per ogni tempo e per ogni civiltà. Un festival riservato alle nuove promesse, tanto che su questo palco sono nati artisti oramai noti al grande pubblico come Simone Cristicchi, L’Orange e Mirko e il cane, ascoltato anche all’ultimo Sanremo.

Io sono Agnese, ho vent’ anni, e sono studentessa dell’Università di Macerata;  quest’anno ho avuto l’occasione di poter osservare Musicultura da un’altra angolazione, quella di un tavolo della giuria universitaria. Nel corso di questa esperienza per me così formativa, mi sono resa conto di quanto Musicultura rappresenti un importante trampolino di lancio per i suoi partecipanti, ed io non ne avevo compreso appieno le potenzialità fin quando non mi ci sono ritrovata catapultata dentro. L’organizzazione impeccabile, e la professionalità dei commissari e di tutti gli addetti ai lavori, creano un ambiente umanatamene e artisticamente confortevole per i giovani partecipanti alle audizioni (gli audizionati) che, presentando tre brani inediti alla giuria, verranno selezionati per accedere alla fase finale del festival. Le proposte artistiche sono tanto differenti quanto interessanti, si passa dal rock, al pop, alla musica popolare, un ventaglio di generi e di sonorità che mostrano la grande vitalità del contesto autoriale e musicale contemporaneo.

Gli “audizionati” provengono da ogni parte d’Italia e, la maggior parte di loro, non ha mai visitato Macerata prima d’ora: questo festival diventa allora anche un trampolino di lancio per tutto territorio, in quanto permette alla città e all’intera regione di essere scoperta e visitata da tutto un pubblico che ruota intorno che ruota intorno alla manifestazione. Le Audizioni Live si svolgono presso il teatro della “Filarmonica” di Macerata in serate aperte al pubblico e volutamente a ingresso libero, al fine di consentire la massima partecipazione dei cittadini e degli interessati. Al termine delle audizioni sono selezionati sedici artisti che saranno presentati in anteprima nazionale con un concerto al Teatro Persiani di Recanati, quindi, in tre serate conclusive nella grande arena dello sferisterio di Macerata.

Le Marche sono un territorio ad alta vocazione musicale. La presenza nella regione di una istituzione straordinaria proprio come il teatro dello Sferisterio ne certifica un rapporto di consuetudine e interscambio. Una sede di prestigio, nella quale si svolgono concerti all’aperto e una stagione lirica estiva di risonanza internazionale, capace di richiamare in città, migliaia di turisti. Un’istituzione che si alimenta del grande prestigio che la musica ha sempre avuto in questa terra e dei tanti musicisti e compositori che, nella nostra regione, hanno avuto i loro natali, da Giovan Batttista Pergolesi a Gaspare Spontini, da Gioacchino Rossini a Filippo Marchetti, senza dimenticare la figura prestigiosa di Bruno Mugellini, a cui la città di Potenza Picena dedica ogni anno una manifestazione come il “Festival Mugellini”, oramai avviato verso la terza edizione.

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L’ARTE CHE SALVA. IMMAGINI DELLA PREDICAZIONE TRA QUATTROCENTO E SETTECENTO. CRIVELLI, LOTTO, GUERCINO – Recensione di Loredana Finicelli

Loreto (Ancona) Museo Antico Tesoro della Santa Casa Da sabato 7 ottobre a domenica 8 aprile – Primo evento del ciclo Biennale MOSTRARE LE MARCHE

Ha preso il via da poco più di un mese, un progetto espositivo strategico per la regione, articolato in una serie complessiva di eventi che coinvolgeranno diversi comuni denominata MOSTRARE LE MARCHE. L’obiettivo è di rigenerare, attraverso un ciclo di esposizioni spalmate in un biennio, il territorio offeso dal sisma e caduto in grave recessione a seguito di quell’evento tragico. La scommessa è richiamare pubblico e turismo grazie a un’opera di valorizzazione e promozione del formidabile patrimonio artistico marchigiano, finalmente accessibile e godibile alla sua piena fruizione, attraverso un ciclo di mostre dedicate a opere provenienti da edifici pubblici ed ecclesiastici della regione.

MOSTRARE LE MARCHE è un’operazione sofisticata, che ha convogliato nella promozione del patrimonio intero energie economiche e culturali affinché fosse elaborata una proposta reattiva e costruttiva in risposta alla devastazione, non solo materiale, ma anche morale e interiore prodotta dal sisma. Se ripartenza ci deve essere, con la forza e la caparbietà che contraddistingue questa terra, che si riparta allora dalla bellezza, dalla propria ricchezza artistica, dalla tradizione radicata, facendo appello a una incredibile e secolare identità. E proprio nel rispetto della difformità che caratterizza il patrimonio marchigiano, così diverso e così radicato nel contesto circostante, fatto di una qualità di base permanente, ma arricchito da episodi di straordinaria eccellenza e descritto criticamente secondo la formula assodata di Museo diffuso, gli eventi espositivi toccheranno vari comuni regionali e ognuno avrà una fisionomia propria, datagli dal territorio che lo ospita. Dal 2017 al 2018 saranno ben sei le esposizioni che si susseguiranno e che avranno il merito di fare il focus sulle ricchezze artistiche della regione: a Macerata, da dicembre, Capriccio e natura nel secondo Cinquecento. Percorsi d’arte e rinascita nelle Marche; ad Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica, aprirà Cola dell’Amatrice, pittore eccentrico tra Pinturicchio e Raffaello; quindi, nel 2018, a Fermo Pittori tra Adriatico e Appennino, dal tardogotico a Carlo Crivelli, a Matelica Il Romanico nelle Marche con i percorsi delle abbazie, per finire con Fabriano e un artista di rara bellezza quale Orazio Gentileschi: Orazio Gentileschi caravaggesco errante nelle Marche.

Si comincia da Loreto, luogo dalla forte carica simbolica, con una mostra, apertasi lo scorso 7 ottobre, dai contenuti rivelatori della fisionomia marchigiana: L’Arte che salva. Immagini della predicazione tra Quattrocento e Settecento. Crivelli, Lotto, Guercino. Un tema certamente identitario, appartenente a una terra nella quale si sono avvicendati mistici, predicatori e coraggiosi missionari; un territorio dove il sacro è sempre stato vissuto in contiguità con il profano e mescolato nei risvolti di una religiosità popolare, umile e spontanea, ma convintamente devota. Del resto, quale altro secolo, se non il Cinquecento, ha trasformato predicatori e religiosi in storiche figure carismatiche, memorabili, del livello di san Ignazio da Loyola, san Filippo Neri, e, per citare personalità marchigiane, dell’avventuroso padre Matteo Ricci, e della colta mistica Camilla Battista Varano. La predicazione, come la religiosità, nelle sue variabili sfumature popolari, non è un tratto accessorio delle Marche, ma qualcosa che connota e connotando descrive e tratteggia. E il termine “salva” appare perfetto nelle sue differenti accezioni: perché l’arte stimola la devozione e pertanto incardina in se stessa la promessa di salvezza; perché quella in mostra è l’arte che si è “salvata” dai tanti eventi sismici della natura e nondimeno della storia, un’arte salvata che, con la sua bellezza rimane qui a testimoniare la transitorietà effimera del materiale, tanto più fragile se non accuratamente protetta.

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LA DENSITA’ DEL VUOTO – GLI ANNI ’70 (a cura di Giancarlo Bassotti) – Recensione di Marianna Neri

Testo critico in catalogo di Gabriele Perretta
30 giugno – 24 settembre 2017

Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi
Palazzo Bisaccioni, Piazza Colocci n. 4  JESI (AN)

A Palazzo Bisaccioni di Jesi è in corso la mostra “ La densità del vuoto –  Gli anni ’70 dell’Arte” a cura di Giancarlo Bisaccioni in collaborazione con la Galleria d’Arte Gino Monti di Ancona.

Il percorso espositivo presenta le tappe fondamentali dell’arte concettuale attraverso l’operato di alcuni artisti che, pur provenendo da ambiti di ricerca eterogenei sia per la scelta dei mezzi espressivi che per i presupposti poetici, presero parte al movimento con l’obiettivo di dare risalto all’idea che soggiace all’opera. Un obiettivo radicale negli intenti e modernissimo nelle scelte, tale da enfatizzare il processo di realizzazione rispetto al valore estetico del prodotto finito. Accanto ai protagonisti storici del movimento, quali gli statunitensi Joseph Kosuth (il primo a dare la definizione di “arte concettuale”) e Sol LeWitt, l’itinerario fornisce uno spaccato importante di quelle che furono le indagini condotte in Italia da artisti del calibro di Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Gilberto Zorio, Michelangelo Pistoletto e Luigi Ontani. Tra questi, figura un nutrito gruppo di artisti marchigiani, le cui opere testimoniano l’alto potenziale di una regione che in quel periodo vide l’affermarsi sulla scena culturale di alcuni tra i più importanti protagonisti degli anni ’70: da Gino De Dominicis, originario di Ancona a Eliseo Mattiacci, nato a  Cagli; da Ubaldo Bartolini, artista maceratese a Claudio Cintoli, trasferitosi nella prima infanzia a Recanati, fino ad arrivare a Pierpaolo Calzolari la cui attività si divide tra Fossombrone e Lisbona.

La mostra, organizzata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Jesi, rimarrà aperta fino al 24 settembre ed è a ingresso libero.