18/05/2021

RAFFAELLO E IL COSMO: LA VOLTA DELLA STANZA DELLA SEGNATURA E quindi uscimmo a riveder le stelle – di Marco Corrìas

By artedellamarca

“Non erano baccanali o private cose e pedestri” quelle che Raffaello dipingeva nelle Stanze: erano invece i segreti delle più alte scienze, le cose più auguste della religione, azioni militari che stabilirono al mondo la Pace e la Fede” (L. A. Lanzi).

Raffaello, Musei Vaticani, Stanze di Raffaello, Stanza della Segnatura

In continuità con il primo capitolo dedicato a “Raffaello Inconsueto”, nel quale avevamo passato in rassegna la figura del celeberrimo artista non soltanto come pittore ma anche in veste di architetto, archeologo e fondatore di una ricca scuola di decoratori ispirata agli affreschi dell’antica Roma, in questa sede analizzeremo un altro episodio poco noto quanto decisivo: l’ingresso in punta di piedi nelle stanze vaticane da parte del giovane talento urbinate, nonché la sua capacità di sbaragliare la concorrenza, non solo grazie alla capacità pittorica, ma anche sulla scia di un bagaglio di conoscenze “astrologico – encomiastiche”. Bagaglio che, conquistando la stima di Papa Giulio II, tracciò un’altra di quelle “mode” che Raffaello seppe da subito valorizzare: il destino dei grandi, scritto nelle stelle per mezzo di simbologie celesti affrescate sulle volte, ben presto avrebbe ha avuto un grande successo presso tutte le corti d’Europa, soppiantando perfino i classici alberi genealogici.

L’intimo legame tra i moti del cielo e la vita dell’uomo si stabilì in epoca molto remota. La convinzione che i corpi celesti, attraverso un’inevitabile mediazione divina, si legassero alla terra e agli esseri viventi influendo su di essi, trae le sue più profonde origini negli studi degli osservatori astronomici dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi: i cosiddetti popoli mesopotamici della “Mezzaluna Fertile”, inventori della civiltà, ai quali dobbiamo assai più di un paio di pagine sfogliate in tutta fretta tra scuole elementari e medie. Da questa grande dimensione esistenziale non poteva essere certamente esclusa l’Arte, che in Occidente inaugurò il suo primo e vero sodalizio con gli astri a cominciare dall’ambito letterario: ciò accadde quasi mille anni prima di Cristo, attraverso i versi immortali dell’Iliade, poema epico per eccellenza. Nel Canto XVIII, tra i fuochi della fucina del divino fabbro Efesto (Vulcano) la raffigurazione della volta celeste è poeticamente cesellata sulla superficie dello scudo forgiato per Achille in compagnia di Sole, Luna e Astri, Mare e Terra a propiziare un destino di vendetta, gloria e immortalità per il Pelìde Achille, eroe per antonomasia.

Attraverso l’Ellenismo e il Tardoantico, il Medioevo fece suo questo genere di convinzioni, portandole avanti[1] fino a proporre l’idea della Melothesia o Astrologia medica, in vigore per tutto il Medioevo e oltre. Si trattava di una dottrina codificata in epoca romana da Manilio[2]: una mappa che, letta correttamente, suggeriva la predisposizione verso determinate malattie e dunque le cure da somministrarsi[3] per prevenirle. Lo schema generale che si evince vede, nel tempo, il revival del Neoplatonismo, secondo una ripresa rinascimentale delle idee elaborate per la prima volta nel ‘300 da Francesco Petrarca, precursore dell’Umanesimo, in cui già si avvertiva il dissidio tra la mentalità religiosa medievale e la necessità di riscoperta dell’uomo, nel tentativo di conciliare il pensiero cristiano con la letteratura latina e la filosofia greca classica. D’altra parte, il bistrattato Medioevo fu anticipatore del Rinascimento sotto moltissimi aspetti: lo stesso desiderio di conciliazione tra Paganesimo e Cristianesimo da cui scaturisce il Neoplatonismo è una concezione che si sviluppa a cavallo fra Tardoantico e Alto Medioevo, tipica della corte bizantina. Più tardi, vedremo, infatti, come lo schema filosofico ideato da Raffaello e dai teorici pontifici alla base dell’iconografia delle Stanze, è una citazione di quanto elaborato nel V secolo da Severino Boezio [4].

Ciò che il Rinascimento portò di suo, invece, è l’idea dell’homo faber, artefice della propria sorte. Quando i tempi sarebbero stati propizi, le Arti figurative, specchio della multiforme cultura occidentale, avrebbero assunto un ruolo trainante, maturato alla luce della innata capacità di esprimere concetti astratti, eppure ritenuti così influenti sulle vicende del mondo materiale. Avvalendosi di un ricco bagaglio simbolico, nutrito d’allegoriche celebrazioni apotropaiche di entità superiori, e col sostegno sistematico di uomini di cultura, i committenti dei secoli a venire affinarono un vocabolario sempre più erudito e stratificato. Questo sforzo, mirato a esprimere i risultati di una rinnovata cultura filosofica e teologica a ornamento e decoro di chiese, castelli e palazzi, inaugura l’apice di un’Età dell’Oro che tra Medioevo e Rinascimento, attraverso le arti visive portò a realizzare una nutrita serie di cicli astrologici legati al tema zodiacale e calendariale: in mosaici, affreschi e bassorilievi si illustrava come le attività stagionali e quotidiane dell’uomo comune fossero esposte agli influssi dei Pianeti. Allorché, proprio come gli antichi, anche i potenti principi del Rinascimento iniziarono ad affermare i loro destini di gloria attraverso il tema della propria nascita, così che la fitta trama di simboli disponibili fu piegata agli interessi degli oroscopi, presto affidati a intellettuali della cerchia e realizzati da artisti di corte. L’escalation inaugurata dalla nota famiglia fiorentina dei de’Medici, ci porta direttamente ad Agostino Chigi: ricco banchiere senese, il Chigi aveva ingaggiato Baldassarre Peruzzi per la realizzazione di un oroscopo personale alla Farnesina. La sua cappella funebre, a tema astrologico, fu affidata niente meno che a Raffaello Sanzio[5].

Giovane urbinate, formatosi sulla lezione di grandi conterranei come Piero della Francesca e Donato Bramante, dopo un apprendistato fiorentino di quattro anni, che l’aveva aggiornato sulle nuove scoperte di Leonardo e Michelangelo, Raffaello arrivò a Roma nel 1507-1508. Giunto nella città papale, l’artista mostrava ancora tutti i pregi e i difetti di un bagaglio culturale umbro – marchigiano narrativo e soave, sì raffinato, fortemente debitore dei modi del Pinturicchio e del maestro Perugino, ma proprio perciò apparentemente ancora inadatto alle grandi committenze internazionali. Nessuno avrebbe potuto immaginare il rapido evolversi degli eventi e, invece, proprio per interesse del suo protettore Bramante, Raffaello si trovò inaspettatamente catapultato in un mondo a parte, che a sua stessa insaputa decise di fare di lui un protagonista assoluto: mi riferisco alla potente corte papale, già abituata da secoli ad accogliere le novità dei più celebri artisti, ma che in questa particolare congiuntura pare in attesa di un’artista fuori dal comune a cui affidare il rinnovamento decorativo degli appartamenti vaticani, specchio supremo della complessa realtà culturale dell’epoca. Ed ecco, infatti, il vulcanico e inquieto Giulio II alle prese con i suoi ripensamenti e i suoi temibili moti di stizza. Già nel 1507, quando Michelangelo accettò di lavorare alla volta della Cappella Sistina, il Papa sprezzantemente rifiutava di insediarsi nelle stanze dell’odiato predecessore Alessandro VI Borgia, facendo trasferire la sua residenza al piano superiore del Palazzo Apostolico, in ambienti, al tempo adibiti a biblioteca personale e, solo in seguito, divenuti tribunale di “Segnatura di Grazia e Giustizia”.

Preso da preso da furor creativo, Giulio II licenziò quella vera e propria “dream team formata dai migliori artisti del tempo e fece distruggere tutto quanto era già stato realizzato (perfino da Piero della Francesca), interrompendo i lavori in corso d’opera[6]. Cosa portò a maturazione una decisione tanto impulsiva, quanto rivelatasi a lungo termine incredibilmente lungimirante? La risposta è semplice. Proprio su suggerimento del favorito Bramante, che in quella congiuntura si era trasferito nei palazzi papali come architetto di corte, papa Giulio aveva avuto l’occasione di osservare l’operato del giovane Raffaello, che introdottosi in punta di piedi nel prestigioso cantiere, affrontò il banco di prova riprendendo un lavoro all’apparenza poco influente, tanto che era già stato iniziato da altri artisti (Sodoma e Johannes Ruysch), poi interrotto: la Volta della Stanza della Segnatura (Figura 2).

Raffaello, Musei Vaticani, Stanze di Raffaello, Volta della Stanza della Segnatura

Se l’aneddotica vasariana vuole che, a lavoro completato, il giovane e ignoto urbinate   conquistasse il Papa con la sua “delicata e dolce maniera”, tale da fargli licenziare tutti gli altri per affidare proprio a lui l’intero progetto decorativo, è certo che fu proprio la Volta della Stanza della Segnatura a rappresentare il punto di rottura nel proseguo dei lavori, tanto dal punto di vista degli artisti messi in campo, quanto sotto il profilo iconografico e allegorico. È proprio il punto di vista iconografico a interessarci. La Volta della Segnatura, infatti, detta per filo e per segno l’intero programma ai famosi affreschi sottostanti: senza di essa, i grandi e avveniristici “diorami pittorici abitati” della Disputa del Sacramento, de La Scuola di Atene, de Il Parnaso e de La Virtù e la Legge, capisaldi di cultura universale realizzati dal giovane maestro (e aiuti) tra il 1509 e il 1511, non avrebbero ragione d’essere. La Volta della Stanza della Segnatura tocca tutti quei temi che, come in una sorta di preludio, anticiperanno le storie affrescate sulle pareti sottostanti, profetizzandone pubblicamente le cause filosofico – allegoriche volte a mettere in moto le diverse manifestazioni dell’armonia universale.

Raffaello ripartisce gli spazi della Volta per mezzo di un elegante sistema di riquadri e medaglioni allegorici di tema mitologico, astrologico ed encomiastico: si tratta di diciassette scomparti geometrici e semicircolari, aggettanti su sfondo a finto mosaico dorato, e delimitati da un raffinato sistema di cornici a grottesche, a cui il vercellese Sodoma continuò a mettere mano insieme Giulio Romano. Orchestrati dall’ottagono centrale, sorretto da una danza di putti alati omaggianti lo stemma dei Della Rovere, sui quattro punti cardinali Raffaello ha collocato altrettanti tondi, raffiguranti le Virtù Cardinali: aggraziate allegorie femminili della Giustizia, della Filosofia, della Poesia e della Teologia, accompagnate da putti che reggono tabelle con iscritti dei motti (Figura 3). Partendo da ovest, l’autore raffigura la Filosofia (Figura 4)

Raffaello, Stanza della Segnatura, Volta, Filosofia

che reca in mano un cartiglio con la scritta Causarum cognitio, ovvero l’intendimento delle cause ultime del reale; a sud la Giustizia (Figura 5),

Raffaello, Stanza della Segnatura, Volta, Giustizia

con la spada e la bilancia presiede all’esercizio del diritto civile e canonico; ad ovest la Teologia, con il cartiglio Divinarum rerum notitia allude alla conoscenza della volontà Divina. Non per nulla i colori della sua veste rispecchiano quelli delle tre virtù teologali: Fede (bianco), Speranza (verde) e Carità (rosso). Per quanto riguarda il tondo a nord, dedicato alla Poesia, essa rivendica le proprie origini divine, riconoscibili grazie alla corona d’alloro, alla lira e al libro, con la scritta Numine afflatur.

In una stanza che complessivamente esprime le diverse manifestazioni dell’Armonia universale, teologica, sapienziale, morale e artistica, il programma iconografico della Volta con i quattro riquadri, exempla delle principali branche del sapere scolastico a estrema sintesi dei concetti neoplatonici del Vero teologico e razionale, del Bello e del Bene, non a caso ci pare essenziale, anzi, illuminante e profetico. Il senso di ciascuno dei quattro tondi allegorici trova la sua spiegazione nelle scene dipinte nelle lunette sottostanti: è così che alla Teologia corrisponde la Disputa del Sacramento, alla Filosofia la Scuola di Atene, alla Giustizia la Virtù e la Legge e alla Poesia il Parnaso. Eppure, l’indagine non è ancora conclusa. Tra l’ottagono e i rettangoli si trovano quattro scomparti minori, trapezoidali e dai lati stondati. Ciascuno di essi ospita due rappresentazioni, a soggetto storico, riprese da Tito Livio, e a soggetto mitologico, ispirate a Igino. Piccoli spazi triangolari, tra i medaglioni e i quadri principali, vedono insinuarsi tralci di querce roveresche. Infine, arriva il pezzo forte. Ciascuna coppia dei tondi summenzionati è esternamente cinta da altrettanti riquadri angolari, a finto mosaico dorato, con Adamo ed Eva (Figura 6),

Raffello, Stanza della Segnatura, Volta con Adamo ed Eva

il Giudizio di SalomoneApollo e Marsia e l’Astrologia / Astronomia[7] (Figura 7).

Raffaello, Stanza della Segnatura, Volta, Astrologia, Primo motore

In tale contesto, la personificazione della musa Urania, protettrice sia dell’astronomia, sia dell’astrologia, sorregge con una mano il globo celeste, alludendo all’ascesa al soglio pontificio di Giulio II attraverso il cosiddetto “oroscopo di genitura”: si intende che, col favore di Urania, il destino favorevole del pontefice è già scritto nelle stelle. Non a caso Urania, dal Greco, vuol dire “Cielo”[8].

Come poté Raffaello dare forma filosofica e allegorica al suo progetto? Sulla scia di un programma iconografico di cui il maggior fautore dovette essere il pontefice stesso, sostegno dell’artista operava un gruppo misto di teologi e umanisti di ambiente pontificio e di matrice neoplatonica (Egidio da Viterbo, Cristoforo Marcello, Fedra Inghirami). Ciononostante, la presenza di una turba degli intellettuali non deve assolutamente escludere la preparazione iconografica e dottrinale di Raffaello. Per l’urbinate, le Stanze Vaticane non costituirebbero la prima esperienza in campo astrologico e allegorico: nel segno del Rinascimento di gusto umanistico, già nel 1507, accanto a Perugino, presso il “Collegio del Cambio” di Perugia, Raffaello aveva sperimentato iconografie profetiche di cui le allegorie vaticane rappresentano una continuazione ideale. D’altra parte, finché il trend ebbe durata, come ai tempi dell’imperatore Giustiano (VI secolo d.C) anche i neoplatonici rinascimentali di maggior rilievo, come Nicola Cusano e Marsilio Ficino[9], erano convinti che il Platonismo potesse costituire una vera e propria preparazione alla Fede. Con la fine del Cinquecento e l’avvento della Controriforma, impegnata a sradicare presunte forme di “neopaganesimo”, tutta questa erudita superstitio (come la definì Cumont[10]) sarà parzialmente rimossa, ridotta a uno stanco insieme di motivi puramente decorativi, deprivati della loro originaria carica filosofico – esoterica.

Bibliografia

AA.VV. Astrologia, arte e cultura in età rinascimentale, Il Bulino 1996

AA.VV. La Storia dell’Arte. Il Rinascimento, Electa 2006

Emiliani, M. Scolaro, Raffaello, la Stanza della Segnatura, Mondadori 2002

C.L. Frommel, Raffaello, le Stanze, Monumenta Vaticana Selecta 2017

Niedermeier, Il senso occulto di Raffaello Sanzio, Libreria Editrice Aseq, 2016

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[1] Basti pensare alla rilettura del “Corpus Hermerucum” di Ermete Trismegisto.
[2] Poeta e astrologo latino, vissuta sotto i regni di Augusto e Tiberi, quindi tra I secolo a.C. e I secolo d. c.
[3] La Melothesia è una disciplina che investiga i legami tra i segni dello Zodiaco, i pianeti, il Sole, la Luna, e il corpo umano. Proponendosi di intervenire su tali corrispondenze per ripristinare gli stati di salute alterati, si diede luogo a quella che è conosciuta come astrologia medica.
[4] Manlio Torquato Severino Boezio, intellettuale della corte teodoriciana nell’Italia ostrogota, scrisse La Consolazione della Filosofia, testo di riferimento per la Scolastica in tutto il millennio successivo.
[5] Cosimo il Vecchio fece affrescare un oroscopo nella sagrestia Vecchia di San Lorenzo; dopo di lui tutta la famiglia de’Medici si interessò di astrologia e affidò una lunga serie di cicli a grandi artisti, dal Luca della Robbia a Vasari, al Bronzino.
[6] Tra i grandi nomi d’artisti ingaggiati figurano Luca Signorelli, il Perugino, Baldassarre Peruzzi, il veneto Lorenzo Lotto e vari lombardi tra cui Bramantino, Cesare da Sesto e il Sodoma.
[7] Al tempo, l’ambito dell’astronomia e dell’astrologia si confondevano senza soluzione di continuità.
[8] Oroscopo personale creato attraverso lo studio del cielo e delle sue allegorie astrologiche, tali da accontentare le richieste di un dotto committente: proprio a Raffaello, ne richiese una anche il banchiere Agostino Chigi.
[9] Marsilio Ficino (1433-1499). Filosofo, umanista e astrologo italiano tra i più famosi del sul tempo e operante alla corte de’ Medici
[10] Franz Cumont (1868-1947). Storico, archeologo e studioso delle religioni di nazionalità belga, tra i maggiori studiosi del XIX-XX secolo.