01/07/2020

La materia industriale di Mara Brera tra eleganza e trascendenza – di Loredana Finicelli

By artedellamarca

Il talento artistico si esplica in tanti modi; ha tante manifestazioni e può arrivare a toccare ambiti insoliti del nostro quotidiano, se, chi lo possiede, sa piegarlo e manipolarlo, farlo interagire con la vita viva, la vita vera. Mara Brera è una di quegli artisti dove il talento coincide con la vita, perché il talento, Mara, lo calpesta, lo calcia, lo spatola e lo combina, fino a trasfonderlo in ogni atto della sua giornata, in ogni incontro del suo vissuto.

E se per Mara Brera, il talento coincide con la vita, la vita finisce per coincidere con un’umanità piena, quella umanità solida, tipica della gente semplice ma tosta, quell’umanità che ti aspetti di trovare nei benefattori e invece, spesso, la incontri negli artisti, nei pittori, negli scultori, anche nei performer, sofisticati emarginati della nostra epoca inquieta. In fondo, pure loro sono un po’ benefattori. Ma non è un caso. Perché esercitare l’umanità è come operare con il talento: ci vuole la forza, il vigore e la convinzione; ci vuole la follia dei poeti e l’irrazionalità dei maghi, ci vuole, appunto, l’umanità profonda dei creativi e lo slancio vitale dei visionari.

È da questo talento combinatorio agito tout court che nasce l’opera artistica di Mara Brera, il cui cammino ha incrociato il mio qualche tempo fa e subito ne ho riconosciuto i caratteri. I caratteri imprescindibili di chi d’arte vive e d’arte stenta e probabilmente di arte si alimenta quotidianamente. Volitiva, diretta, ruvida, generosa e irrefrenabilmente lirica: questa, per me, è Mara Brera.

Nata a Liegi e cresciuta a Fabriano, diplomata all’Istituto d’arte di Gubbio e poi all’Accademia di Perugia, Mara Brera è pittrice, scultrice, scenografa, ceramista, tutte definizioni che non sono sufficienti a descrivere la sua carica creativa, che fa di lei un artista professionista capace di operare in tutti gli ambiti e con tutti i materiali disponibili. Un’artista a tutto tondo, con un ricco curriculum alle spalle ed esposizioni significative in vari luoghi, una storia già avviata e tanti contributi differenti che fanno di questa scultrice una delle personalità più interessanti del nostro territorio, un talento più che emergente da seguire attentamente per la qualità della sua proposta.

Attualmente, è presente a Roma con la mostra a mia cura Percorsi. Dalla Terra al cielo, per lo Studio Arte Fuori Centro, galleria dal limpido profilo critico e, da circa un ventennio, realtà consolidata nell’affollato circuito espositivo romano. Ho colto l’occasione dell’inaugurazione del ciclo Scultura in action. Materia in progress. In/torno alla scultura, di cui la mostra della Brera costituisce il primo appuntamento, per fare quattro chiacchiere con l’artista.

L.F.: Mara Brera e i suoi Percorsi. Dalla Terra al cielo, una bella affermazione di pubblico e di critica su un palcoscenico ricchissimo di proposte come quello romano.

M.B.: Sì, un bel riscontro, una grande energia e la possibilità di esporre in una galleria di qualità, perfettamente condotta da un’abile professionista e artista di lungo corso come Teresa Polidori con cui ci siamo interfacciate, ritengo con soddisfazione reciproca, nel corso di questa avventura espositiva.

Quello dei “Percorsi” è un tema su cui rifletto da diverso tempo; alludo ovviamente ai “percorsi” da intendersi come le molteplici possibilità metaforiche che questi lavori offrono, i tanti piani di significato a cui si prestano: sono le scelte della nostra vita, i desideri a cui aspiriamo, le molteplici identità che assumiamo anche solo nel corso di una giornata; ancora, “percorsi” sono i tanti punti di vista, nostri e degli altri osservatori, sono le molteplici sfaccettature dell’esistenza – e dell’esistere – che trovano la loro cristallizzazione in queste lastre di acciaio. Lastre che, ovviamente, riflettono l’eterogeneità dei percorsi stessi e il loro differente accadere, motivo per cui, a volte sono distese, altre più segmentate, in qualche caso addirittura contorte. Su tutto domina il gesto dello scultore, dolce e vigoroso che plasma la materia e nell’atto del modellarla tenta di imprimerla di sé, della linfa e del carattere che attiene alla sua persona.

Sono lastre il cui andamento formale rimanda a una molteplicità di significati; se prendiamo il concetto di identità, uno di quelli a cui le lastre rimandano, appare evidente che le identità sono mutevoli per definizione: cambiano al cambiare del punto di vista e dell’osservatore, ma mutano al mutare del contesto; chi guarda non è un attore passivo, ma carica di sé ciò che osserva. Questa mobilità di percezioni e significati è interpretata dalla luce che scivola sulle superfici ariose, si increspa sulle graffiature, si inerpica lungo i dossi in un gioco scenico di rimandi e di suggestioni. E quale che sia il significato o il cammino che si intraprende, proprio per questo continuo gioco di riflessi e riverberi esso si traduce in un percorso verso il trascendente dove il risultato alla fine è la raggiunta pienezza spirituale che attraversa i vari passaggi di stato, ma anche le illusioni, le false visioni, i miraggi, le alterazioni di senso in un abbandono progressivo della natura e della materia. Al di là del singolo pezzo, infatti, l’intera installazione Percorsi allestita in galleria è la summa dei vari lavori: sia apre con un guerriero che per professione e statuto è saldamente legato alla materia, al sangue, alla terra cruda e si conclude con un’ara e un altare dove si compie il passo ultimo e benaugurante della elevazione spirituale: un percorso duro, sofferto, tormentato ma infine vittorioso.

L.F. Questa in sintesi, i “Percorsi”, un concentrato di eleganza ed essenzialità che poi sono un po’ la cifra stilistica di Mara Brera. Donna e scultura, sembra quasi un ossimoro, perché in fondo, siamo abituati a declinare quest’arte al maschile. Eppure, sebbene le protagoniste siano state rare, anche la scultura ha avuto le sue eccellenze femminili, basti un nome su tutte, quello di Camille Claudel.

Com’è maturato il rapporto di Mara Brera con la scultura, perché la scelta di questa tecnica espressiva?

M.B.: La mia esperienza con la materia è stata naturale, un gesto del tutto appartenente al mio essere donna. Da bambina mi sono subito accorta che la mia natura corporea non era stata formata per azioni delicate o eteree; le mie ossa forti, le mani grandi, la potenza muscolare, tutto in me era dedicato ad azioni in cui la sensualità e la femminilità dovevano convergere in guesti diversi da quelli dedicati al resto delle mie compagne; una femminilità originale dove il vigore si accompagnava alla morbidezza. Non è stato facile trovare un equilibrio in tutto questo; la mia naturale predisposizione all’arte mi ha aiutato a capire il ruolo a cui ero stata destinata. La scelta della ceramica prima e della scultura in Accademia poi, mi hanno permesso di trovare l’equilibrio tra la mia parte femminile e la potenza instrinseca contenuta nel mio corpo. Tanto che ora i gesti, con cui domino la materia, solo apparentemente rudi o violenti, sono in realtà ciò che di più delicato io mi conceda. Il lavoro scultoreo, le lastre, i sassi, nascono quasi spontaneamente da questo perfetto gioco di equilibrio, nel punto esatto in cui la cui forza incontra la delicatezza e insieme agiscono nell’azione modellante.

L.F.: Nata a Liegi da madre marchigiana e padre lombardo e poi tornata nel paese materno, Fabriano, la città dove, attualmente, Mara Brera vive e lavora. Un rapporto costante con la sua terra, che ha dato i natali a grandissimi artisti e scultori (si veda il saggio dedicato a Edgardo Mannucci su questo blog) e che l’artista racconta attraverso un lavoro costante su materiali locali, locali e spesso basici, elementari. Perché questa scelta?

M.B.: Al di là di quello che posso lasciare intendere con il mio carattere e la mia indipendenza, sono una persona molto semplice. Amo la vita in tutte le sue forme e mi emoziono facilmente, sono assolutamente attratta dalla terra, dalla natura e mi lascio coinvolgere dai luoghi in cui vivo. Ho passato molto tempo nella pianura padana, il mio nome appartiene al ceppo lombardo dei Brera; ho vissuto a lungo in Umbria e in Liguria, terra che adoro. Le Marche sono la regione dove è nata mia madre e dove sono tornata. Amo questa terra; ogni giorno l’attraverso mangiando chilometri in piccole e tortuose strade provinciali, e i paesaggi di questa splendida regione riescono sempre ad emozionarmi. Non saprei lavorare con materiali provenienti da altri luogo, che non assaporo e non riconosco, che non sento appartenermi. La scelta di usare ciò che la mia terra produce è una necessità ma anche una scelta di campo, è come scrivere attraverso il gesto artistico le sensazioni quotidiane che mi appartengono, che fanno parte di me. Poi, l’operazione modellante e creativa su materiali poveri, naturali, implica una operazione spiritualizzante, una elevazione che passa attraverso l’intervento e l’essenza dell’artista.

L.F.: L’acciaio è uno dei materiali preferito da Mara Brera, un materiale dove il gesto dell’artista domina sulla materia. In che misura e maniera il gesto dell’artista è connesso con lo spirituale e il trascendente a cui fanno riferimento alcuni tra i tuoi lavori più significativi come in “Percorsi”?

M.B.: Fabriano è una terra dalla naturale vocazione industriale. È la terra degli elettrodomestici e delle cappe aspiranti. I colossi industriali che qui hanno visto la lavorazione dell’acciaio come materiale unico e insostituibile mi hanno in qualche modo suggestionato e sfidato.

Le prime esperienze sono nate quasi per scherzo, forse volevo dimostrare che quel materiale considerato freddo e applicabile solo a un uso tecnico potesse esprimere una poesia e un linguaggio alternativo. Poi, successivamente, la grande delicatezza e soprattutto la sua naturale luminosità mi hanno talmente affascinato da non potermene più distaccare. Amo dominare con gesti cosi delicati quello che per molti è considerato inamovibile. Ci tengo a raccontare che tutte le forme che plasmo sono fatte con il solo uso delle mie mani e di semplici strumenti che io stessa ho creato.

L.F.: Mara Brera è anche l’artefice di un metodo di rigenerazione cognitiva che hai messo a punto attraverso dei laboratori in cui utilizzi l’espressività artistica a fini terapeutici. Potresti spiegarci qualcosa di questo metodo che apre tante possibilità terapeutiche e prospettive professionali?

M.B.: Credo che gli artisti in genere siano persone il cui talento è necessariamente implicito e indirizzato ad un dovere sociale. La mia esperienza con le persone fragili risale a tantissimi anni fa. Ero ancora studentessa alle superiori quando fui chiamata per un progetto artistico dedicato a ragazzi disabili. Non è stato difficile capire che avevo un canale comunicativo preferenziale con le persone affette da disturbi cognitivi. Nel corso del tempo, con la realizzazione di tanti progetti artistici svolti in strutture di assistenza, le competenze artistiche unite alla passione per la psicologia mi hanno indirizzato a uno studio più approfondito delle difficoltà cognitive tipiche delle persone affette da disabilità.

Lo stimolo a creare un metodo di riabilitazione cognitiva mi è venuto dal grande desiderio di poter aiutare tutti i miei amici nel proprio superamento dei limiti e, soprattutto, nella condivisione di momenti felici, in cui il gesto artistico oltre a stimolare crea un livello altissimo di benessere e appagamento attraverso il quale ogni persona sente di realizzarsi e di fare parte di un gruppo, non più esclusa dalla disabilità ma anzi unica proprio perché diversa.

Questo lavoro è un regalo che la vita mi ha fatto. Non c’è nulla di più gratificante e appagante che condividere la mia passione con l’arte attraverso queste persone che diventano parte di me, della mia quotidianità. In certi ambienti la vita è talmente tangibile e semplice e felice che mi sento davvero fortunata ad avere avuto questa intuizione, e spero, in futuro di avere la possibilità di condividere e insegnare soprattutto ai giovani il mio meraviglioso lavoro.

Dalla sua esperienza quotidiana con le varie disabilità è nata la pubblicazione a sua firma Mi prendo cura di te un primo strumento orientativo per affrontare con efficacia e senza timore la demenza senile patologia in rapido aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione.

Scultura, pittura, tecniche progettuali e arte terapia sono in Mara Brera sfaccettature di una personalità unitaria e di una singola ricerca che ha come punto di partenza – e di ritorno – l’uomo, la sua natura mutevole, la sua verità esistenziale.